Non potrei presentare meglio la Mindfulness a coloro che per la prima volta si avvicendano nella ricerca di informazioni al riguardo, se non introducendo l’argomento attraverso parte della mia esperienza personale.
Per praticare la Mindfulness, oltre che sedermi quotidianamente non faccio nulla di speciale. Siedo e respiro. Ho imparato, per mia fortuna, da molto giovane che si può osservare, descrivere e incontrare l’esperienza mentre accade e vivere il beneficio che ne consegue. Tutto consiste nell’essere ciò che sono stato ma essendo più presente o, meglio con consapevolezza. Mindfulness, tradotto dall’Inglese significa proprio questo in Italiano: consapevolezza.
Mindfulness: mind-, mente; –fullness, pienezza. Pienezza mentale dunque? No, forse meglio “con mente piena, piena-mente, piena nel senso di completamente presente, appunto mente presente. A che cosa? All’esperienza del momento che si sta vivendo. Senza formulare un giudizio negativo o positivo, senza rimuginare sul passato o fantasticare sul futuro. Atteggiamenti, questi ultimi tipici della causa della sofferenza. Un’arte, potremmo definirla, di prestare attenzione in maniera intenzionale, momento dopo momento, all’esperienza del “qui ed ora” senza giudicare, parafrasando l’ormai noto John Kabat-Zinn, padre della Mindfulness. Un esempio pratico ora: respiro, sono consapevole di inspirare e quando espiro, faccio caso a quando l’aria esce dal mio naso, quando il mio addome si sgonfia? Probabilmente no! Ma questo è, come diremmo, normale! Siamo abituati a fare e ad essere così. Abituati, appunto, vuol dire che lo facciamo automaticamente. La consapevolezza è l’opposto dell’automatismo. La consapevolezza è uno stato naturale della mente, basta guardare cosa fa un bambino nel parco che per esempio coglie un sassolino o un fiore: lo scruta con lo sguardo, lo tocca con le mani, comincia a sentire com’è, forse lo porta al naso per sentire l’odore, alla bocca per conoscerlo meglio. Con attenzione, momento dopo momento, senza giudicare.